Non possiamo parlare Gesù senza ricordare la persona di Giovanni Battista, una figura importante all’interno della Scrittura, il più grande tra i nati di donna (Matteo 11, 11), il più grande dei profeti, il figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta, nato sei mesi prima di Gesù. Diventato adulto, si era ritirato nel deserto per udire meglio la voce di Dio. Si vestiva con una pelle di cammello, stretta alla vita da una cintura di cuoio, come usano ancora oggi i monaci ortodossi, in ricordo di Giovanni Battista; il suo cibo erano le locuste[1] e il miele selvatico. Dio fa sapere a Giovanni, come ha fatto sette secoli prima ad Isaia, che riconoscerà il Figlio di Dio e vedrà scendere su di lui lo Spirito Santo: “Tu vedrai lo Spirito scendere e fermarsi su un uomo: è lui che battezzerà con Spirito Santo” (Gv 1, 33). Non sarà un’unzione visibile di olio, come l’unzione sul capo di Davide, ma vedrà lo Spirito Santo invisibile consacrare, il Figlio Amato di Padre, che regnerà eternamente sul trono di Davide. Giovanni Battista, spinto dallo Spirito di Dio, si reca sulle rive del Giordano e si mette ad annunciare l’arrivo imminente del Regno di Dio, cioè il Regno di cui Cristo sarà Re. Egli predicava il pentimento, la conversione, perché il Regno di Dio era vicino (Matteo 3, 2). Giovanni battezzava tutti quelli che si pentivano dai peccati e si convertivano al Signore, immergendoli nelle acque del fiume Giordano. Nei riti ortodossi Giovanni Battista appare nella vigilia della Teofania, poi è commemorato nella festa del 7 gennaio. Battista morì a causa della sua predicazione intorno (29 agosto) al 32 d.C. Secondo il racconto evangelico, egli condannò pubblicamente la condotta di Erode Antipa, che conviveva con la cognata Erodiade, rimasta vedova di Filippo; il re lo fece prima imprigionare, poi, per compiacere la figlia di Erodiade, Salomè, che aveva ballato a un banchetto, lo fece decapitare.
[1] “La locusta è un piccolo animaletto, che sta tra il rettile e l’uccello. Non è capace di innalzarsi abbastanza da terra; salta più che volare, e appena riesce a sollevarsi un poco dal suolo, ricade subito perché le mancano le ali. Così era anche la legge, che si allontanava un po’ dall’errore della idolatria, ma non era capace di volare sino al cielo”. San Girolamo, Commento al Vangelo di San Marco, traduzione di Riccardo Minuti, Città Nuova Editrice, Roma, 1965.