Le icone sono una parte necessaria della fede degli ortodossi che le venerano; è una devozione che passa dall’icona alla persona in essa rappresentata; questa non è adorazione, ma venerazione, perché l’adorazione è riservata solamente a Dio. Per le persone che hanno la capacità di capire il mondo della pittura, l’iconografia bizantina può essere considerata un universo a parte, perché la rappresentazione del corpo umano è descritta con le forme anatomiche deformate: i piedi sono troppo piccoli, le gambe sottili, le figure affilate e allungate hanno un’eleganza e una grazia raffinate, le labbra sono prive di ogni sensualità. L’apparente rigidità rileva la potenza interiore che anima il corpo, il distacco dalle forme terrene e la presenza divina nella vita umana. Tutti i rigori di ermeneutica della pittura ortodossa non sono casuali, ma hanno una valenza teologica: le orecchie sono allungate per ascoltare il silenzio della pace, il naso è una curva sottilissima e la fronte sembra che abbia una leggera deformazione. Tutti questi canoni pittorici sono necessari per accentuare il pensiero contemplativo e per cantare le lodi alla divinità. L’arte della pittura costituisce un alimento importante ed unico per nutrire la nostra fede.
La vittoria contro tutti che negano la venerazione delle icone viene dal Settimo Concilio Ecumenico, che è una risposta chiara a tutti gli oppositori delle sante icone. Gli attacchi sporadici contro le icone continueranno anche dopo questo Concilio. La pace nella chiesa sarà riportata nell’843, quando a Costantinopoli saranno ripristinate le icone nella prima domenica di Quaresima, detta Domenica dell’Ortodossia, che sarà chiamata la vittoria contro tutti gli eretici.
Padre Pompiliu Nacu