L’Inno Acatisto è un antico poema liturgico, un inno della liturgia ortodossa di grande importanza, uno degli inni mariani più belli, un monumento letterario di prim’ordine, di grande interesse per la Chiesa, in cui è celebrato il mistero dell’Incarnazione. È una forma di preghiera molto usata dai cristiani di rito bizantino: greci, romeni, russi, ucraini, bulgari e serbi. Letteralmente, la parola “acatisto” viene dal greco ἀκάθιστος (ἀκαθίζομαι) e significa “non seduto”, “si canta stando in piedi”, o si recita (canta) in piedi davanti all’icona della Madre di Dio. Secondo alcuni teologi la parola “acatisto” alluderebbe alla veglia notturna, quando si cantava l’inno nel palazzo imperiale di Costantinopoli. L’Inno Acatisto in onore della Madre di Dio è stato cantato e recitato tante volte durante l’assedio per la liberazione della città. Teologicamente l’Inno ricorda il grande mistero della Madre di Dio e la sua grandezza nell’opera salvifica, dall’altra, dal punto di vista storico è un’occasione per ringraziare la Vergine di aver liberato Costantinopoli dall’invasione barbarica. Il Sinassario bizantino, una raccolta giornaliera di eventi della vita dei santi, che contiene le letture per le singole feste, ricorda che l’Acatisto è celebrato in memoria dei tre prodigiosi eventi che liberarono la città dagli assalti dei Persiani e degli Avari. Nel 614, durante il regno di Eraclio, la città di Gerusalemme fu conquistata e le reliquie della Croce di Cristo furono portate a Ctesifonte, capitale dell’Impero Persiano. Eraclio, in pochi anni, riuscì a riorganizzare l’impero, costituendo un grande esercito con cui sconfisse i Persiani. Durante le battaglie contro i persiani nel 626, gli Avari attaccarono Costantinopoli, ma Eraclio continuò la sua campagna in Oriente, affidando la difesa della città al patrizio Bono e al patriarca Sergio. Gli assalti delle orde barbariche furono respinti e durante l’assedio il patriarca Sergio fu sempre presente tra i soldati tenendo tra le mani un’icona della Vergine Maria, mentre il popolo cantava l’Inno Acatisto. Con l’aiuto delle preghiere della Vergine Maria, i barbari furono sconfitti dai bizantini. Secondo la tradizione, l’inno è stato attribuito al patriarca Sergio, però, è poco probabile che sia lui l’autore. Per tutto il periodo dell’assedio, egli fu il personaggio principale che animava i fedeli a vegliare ogni notte in preghiera. Il primo canto dell’Inno, il tropario, probabilmente è stato scritto dal patriarca Sergio: “Alla Stratega invincibile, i canti di vittoria come a quella che ci ha liberati dai travagli; i ringraziamenti dovuti, io, la città tua, levo a Te, o Madre di Dio. Perché possiedi la forza contro cui è vano combattere, liberami dai pericoli d’ogni sorta affinché ti proclami: Salve, sposa illibata!”.
Per quale motivo questo poema occupa un posto così importante nella Chiesa Ortodossa? Dobbiamo ricordare che durante l’Impero Bizantino tutte le Chiese ortodosse erano sotto l’influenza di Costantinopoli. La città dell’Impero Bizantino era sottoposta a numerose situazioni drammatiche e invasioni barbariche in cui ogni speranza di salvezza sembrava perduta. La stessa situazione vale per i paesi dei Balcani, ma soprattutto per i principati romeni. Per godere la protezione e la liberazione da tutti i pericoli, gli ortodossi chiedevano l’aiuto della Madre di Dio. Questo è il motivo della popolarità e della diffusione dell’Inno Acatisto in tutta l’Ortodossia. Generalmente il tema viene dipinto nel pronao di ogni chiesa, ma in Moldavia è illustrato ampiamente sulle facciate esterne delle chiese, come avviene nella facciata sud di Probota, a Humor, in San Giorgio a Suceava, ad Arbore e a Moldoviţa.
Padre Pompiliu