Omelia a San Giovanni Climaco
Nella Chiesa Ortodossa la quarta domenica della Quaresima è dedicata alla memoria del santo Giovani Climaco, uno dei più importanti uomini di fede, cosi chiamato per averci lasciato la teologia della scala spirituale che unisce il Cielo con la terra. Il giorno della sua commemorazione cade il 30 marzo per tutte le Chiese da cui è venerato. Giovanni Climaco è conosciuto anche con il nome di Scolastico, da non confondere però con San Giovanni Scolastico, Patriarca di Costantinopoli.
Notizie su di lui sono conservate in una breve Vita scritta dal monaco Daniele di Raito. Questo santo è nato in Siria, si trasferì nel monastero del Sinai all’età di sedici anni, diventando novizio sotto l’egida di un monaco chiamato Martyrius. Quando quest’ultimo morì, Giovanni, desideroso praticare la vita ascetica si trasferì in una caverna ai piedi del monte Sinai, a otto kilometri dall’attuale monastero di Santa Caterina, dove iniziò a vivere come anacoreta. Rimase in quel luogo per venti anni, studiando la dottrina cristiana e le vite dei santi e ponendo le basi per diventare uno dei più conosciuti santi della Chiesa. Nel 600, intorno ai settantacinque anni, a richiesta dei monaci lascia il monastero di Raitu sul Mar Rosso, dove si era nel frattempo rifugiato, e diventa il loro abate. Dopo quattro anni lasciò l’incarico di abate e tornò alla sua vita ascetica per prepararsi alla morte che avviene il 650. La vita di Giovanni si sviluppa tra due montagne, il Sinai e il Tabor, e veramente si può dire che da lui si è irradiata la luce vista da Mosè sul Sinai e contemplata dai tre apostoli sul Tabor! Le montagne, come Sinai, Tabor, Athos, Carpati, luoghi stupendi, sono state da sempre luoghi di mistero, dove i monaci si ritiravano per pregare.
Nelle Sacre Scritture c’è un episodio che parla di un avo del nostro Signore, il Patriarca Giacobbe. Una notte si fermo a dormire da solo in un luogo deserto e vise in sogno un scala che si innalzava per gradini fino al cielo, mentre gli angeli del Signore salivano e scendevano, e in cima c’era il trono del re celeste. Una volta svegliato Giacobbe capisce che esiste una relazione misteriosa tra il mondo di Dio e il mondo creato. Ricordatevi che il Signore ha detto ai suoi primi discepoli che vedranno i cieli aperti e gli angeli di Dio che saliranno e scenderanno sulla terra. Attraverso i peccati gli uomini si sono allontanati dal Creatore. Ma chi ha legato il Cielo e la Terra? Il Dio –Uomo, il nostro Signore Gesù Cristo! Simbolicamente tutti i Santi Padri hanno visto nella persona nella persona di Maria la “Scala celeste”, cosi come è chiamata nei nostri canti liturgici, perché attraverso Lei il Signore è disceso a noi. Il cielo non è infinitamente lontano, come si immaginavano gli antichi, perché la comunione fra cielo e terra non si fa attraverso il tempio, ma nella persona di Gesù Cristo (Esodo 28.10-28).
L’opera teologica e spirituale più importante di Giovanni, come ho già detto è la Scala (klímax), nominata anche Scala del Paradiso (Κλῖμαξ τοῦ Παϱαδείσου), che è un trattato completo di vita spirituale, in cui Giovanni descrive il cammino del monaco, dalla rinuncia al mondo fino alla perfezione dell’amore. Vi sono trenta gradini da superare, che corrispondono all’età di Gesù dalla sua nascita al battesimo nel Giordano e l’inizio del suo ministero.
La Scala è un cammino che – secondo questo libro – si sviluppa attraverso trenta gradini, ognuno dei quali è collegato col successivo. Il cammino può essere sintetizzato in tre fasi successive:
- La prima si esprime nella rottura col mondo al fine di ritornare allo stato dell’infanzia evangelica, il ritornare cioè alla vera infanzia in senso spirituale, il diventare come i bambini. San Paolo dice: “Fratelli non comportatevi da bambini nei giudizi, siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi nei giudizi” (I Corinzi 14, 20). Paolo vuole sottolineare che è bimbo, ogni persona che non fa alcun male al prossimo, poiché i bimbi sono ingenui. I fedeli devono essere come sono i bimbi, che non hanno nessuna malvagità nel cuore. L’idea, secondo cui accogliendo un piccolo si accoglie Gesù stesso, è affermata da tutti gli evangelisti.
- La seconda fase del cammino è costituita dal combattimento spirituale contro le passioni. Ogni gradino della scala è collegato con una passione principale, che viene definita e diagnosticata, con l’indicazione della terapia e con la proposta della virtù corrispondente. L’insieme di questi gradini costituisce senza dubbio il più importante trattato di strategia spirituale che possediamo. Ma secondo Giovanni Climaco è importante prendere coscienza che le passioni non sono cattive in sé; lo diventano per l’uso cattivo che ne fa la libertà dell’uomo.
- L’ultima fase del cammino è la perfezione cristiana, che si sviluppa negli ultimi sette gradini della Scala. Questi sono gli stadi più alti della vita spirituale, sperimentabili dagli “esicasti”, i solitari, quelli che sono arrivati alla quiete e alla pace interiore; la pace si ottiene attraverso la preghiera, che in Giovanni è duplice: la “preghiera corporea” e la “preghiera del cuore”. La prima è una esteriore, invece la seconda è spontanea, perché è effetto del risveglio spirituale. Preghiera di Gesù è costituita dall’invocazione del solo nome di Gesù, un’invocazione continua come il respiro.
- L’ultimo gradino della scala è l’aiuto dallo Spirito. Per esprimere l’azione dello Spirito egli sceglie l’immagine del fuoco, chiamato l’ardore, la luce, la purificazione dell’amore per Dio. A questo punto, s’impone un’ultima domanda: la Scala, opera scritta da un monaco eremita vissuto millequattrocento anni fa, può ancora dire qualcosa a noi oggi? L’ esperienza di questo santo che è vissuto nella montagna del Sinai tanti ani fa, può essere di attualità per noi? In un primo momento sembrerebbe che la risposta debba essere “no”, perché Giovanni Climaco è troppo lontano da noi. Ma se osserviamo un po’ più da vicino, vediamo che in tutto trattato respira l’idea che la salvezza e possibile solo attraverso in comunione con Cristo, con la sua morte e risurrezione. E importante sottolineare che gli ultimi gradini siano nello stesso tempo le virtù fondamentali, iniziali, più semplici: la fede, la speranza e la carità. Non sono virtù accessibili solo a eroi morali, ma sono doni di Dio a tutti i battezzati che ci aiutano a formare ed accrescere la nostra vita.
Vi sono numerose icone che riprendono allegoricamente tale percorso, raffigurando persone che salgono tale scala: alla fine di questa c’è Gesù che accoglie le persone che riescono giungere all’ultimo gradino, mentre nel mezzo vi sono figure di angeli e diavoli che cercano rispettivamente di aiutare i cristiani nel loro cammino o di farli scivolare giù, indipendentemente da quale gradino abbiano raggiunto.
In Romania c’è un famoso dipinto che si chiama la gerarchia celeste e si trova sul lato settentrionale esterno del Monastero Suceviţa[1], patrimonio UNESCO, costruito alla fine del XV- simo secolo, dove è rappresenta la famosa Scala di virtù di San Giovanni Climax, che è molto simile ad una bilancia. La Scala del Paradiso”, raffigura la lotta tra il bene e il male. Nella parte superiore della scala si possono vedere tanti angeli, sono presenti anche gli arcangeli Michele e Gabriele, che innalzano le anime al cielo. Nel lato inferiore ci sono i diavoli che tirano le anime nel inferno. Le persone che in questa vita sono riuscite a compiere le parole del Signore arrivano in cima, accompagnati dagli angeli e sono ricevuti nel Regno dei Cieli e coronati con corone della santità del Signore Gesù Cristo.
Questo libro, che già nell’antichità ebbe un grande successo, fu tradotto in latino, siriaco, armeno, arabo, slavo, è uno dei più letti tra i Cristiani ortodossi, soprattutto durante il periodo di Quaresima che precede la Pasqua. Siamo pellegrini in questa vita breve e dal punto di vista spirituale la nostra vita dev’essere è una continua ascensione, perché chi non cerca di salire sui gradini delle virtù è condannato a scivolare, rimanendo sempre prigioniero dell’oscurità e della sfiducia.
Omelia presentata al Vespero dei sacerdoti ortodossi, in Chiesa Rusa a Milano
Padre Pompiliu Nacu
30.03.2014
[1] Sugli affreschi del Monastero Suceviţa (Bucovina di Nord – Romania), che abbinano lo stile bizantino con alcuni elementi gotici, domina il colore il verde. Il monastero di Voroneţ è famoso per il suo azzurro e il Monastero Humor, per il suo rosso. Questi tre monasteri e tante altre, oggi patrimonio UNESCO, sono state costruiti nei secoli XV-XVI.